Diario dal Consiglio del 28 dicembre 2023
Verso prospettive incerte per i lavori del Consiglio
Il CSM è stato interpellato in ordine alla scadenza dell’incarico degli attuali componenti non di diritto dei Consigli giudiziari. Il quesito era stato formulato in modo puntuale dal C.G. di Firenze.
La questione controversa è data dall’interpretazione di tre disposizioni di legge: due generali, costituite dagli artt. 1, co. 1, d.lgs. n. 35/08 (in base al quale le elezioni per i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo presso la Cassazione si tengono “ogni quattro anni, nella prima domenica e nel lunedì successivo del mese di aprile”) e 13, co. 1, d.lgs. n. 25/06 (per il quale “i componenti non di diritto ... durano in carica quattro anni”); e una, quella dell’art. 83, co. 19, d.l. 18/2020, eccezionale, poiché legata all’emergenza pandemica, che infatti ha previsto che “per l’anno 2020 le elezioni per il rinnovo dei componenti del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di cassazione si svolgono la prima domenica e il lunedì successivo del mese di ottobre”).
Secondo la Sesta commissione, la lettura coordinata di queste disposizioni comporta che i componenti non di diritto degli attuali Consigli giudiziari e Consiglio direttivo della Cassazione restino in carica sino ad aprile 2025; solo questa opzione, infatti, rispetta entrambi i precetti che vogliono cariche di durata quadriennale ed elezioni a inizio aprile. Poiché i componenti attuali si erano insediati a ottobre 2020, quel risultato viene garantito da una proroga di sei mesi oltre ottobre 2024, proroga riconducibile a un istituto generale del diritto amministrativo, ma, nel caso di specie, prima ancora prevista espressamente dall’art. 13, co. 5, d.lgs. n. 25/06.
Più che la questione giuridica – d’indubbia urgenza, peraltro, per gli organi locali dell’autogoverno e per tutti i magistrati – preme qui evidenziare la tematica politico-procedimentale che si è sviluppata.
La Sesta commissione ha formulato la proposta predetta col voto unanime dei propri componenti. Nel corso dei lavori un consigliere, esterno alla commissione, ha chiesto che questa volesse rivalutarla, affidando un quesito all’Ufficio studi del CSM; la richiesta è stata respinta (ancora) all’unanimità, ritenendosi che ad una lettura sistematica di tre norme di legge, una volta vagliate tutte le opzioni, potessero provvedere i componenti della commissione, tanto più in ragione della condivisione generale della soluzione ermeneutica.
Nel corso del Plenum del 13 dicembre, il citato consigliere – togato eletto in rappresentanza di MI – è tornato a chiedere la consultazione dell’Ufficio studi. L’istanza ha trovato accoglimento a maggioranza, col voto favorevole di tutti i consiglieri di MI e dell’area laica di centro-destra, compresi due che in commissione avevano concorso, pochi giorni prima, alla doppia unanimità della commissione.
Il ritorno in commissione della pratica ha avuto l’effetto di riaprire l’incertezza sulla data delle prossime elezioni per i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Cassazione.
Al contempo la vicenda introduce scenari imprevedibili per la funzionalità del CSM: infatti, laddove i consiglieri ritenessero di mutare in Plenum, senza motivazione o novità sopravvenute, l’orientamento espresso in commissione, rinuncerebbero di fatto alla facoltà di esercitare ogni capacità di rappresentanza del proprio gruppo di riferimento in Consiglio; verrebbe meno, di conseguenza, la ragionevole garanzia della conferma di una proposta, pure quando sia unanime, con evidenti prospettive d’incertezza per il buon andamento dell’istituzione
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello