Diario dal Consiglio del 15 novembre 2025
Scegliamo i dirigenti guardando alle esperienze concrete
Nella seduta di Plenum del 5 novembre è stata deliberata, a maggioranza (18 voti, dei consiglieri Abenavoli, Basilico, Carbone M., Chiarelli, Cosentino, Morello, Miele, Fontana, Mirenda, Scaletta, Romboli, Bertolini, Bianchini, Eccher, Giuffrè, Papa, Porena, P.G. Gaeta), la nomina del dott. Luigi Reale, attualmente giudice del tribunale di Macerata, a presidente del tribunale di Urbino.
La pratica è risultata di particolare interesse perché, come emerso nella relazione di Maurizio e nel successivo intervento di Marcello, si confrontavano due profili tra loro diversi: l’altra candidata aveva già ricoperto funzioni semidirettive, esperienza che costituisce, ai sensi dell’art. 17 del testo unico, un indice specifico di attitudine organizzativa, mentre il percorso professionale del dott. Reale è caratterizzato da variegati trascorsi giurisdizionali, avendo egli svolto funzioni giudicanti di primo grado per oltre 30 anni alla vacanza, così maturando competenze trasversali in ogni settore (civile, lavoro e penale), comprese presidenze di collegi, oltre che molteplici esperienze di collaborazione gestionale, in ambo i settori (civile e penale).
Nella proposta a suo favore si è in particolare evidenziato il profilo di un magistrato che ha sempre mostrato una elevata produttività, senza avere al contempo mai fatto registrare incrementi delle pendenze né ritardi nel deposito di provvedimenti.
A fronte di tale profilo, sono state invece rilevate in quello dell’altra candidata evidenti criticità nei tempi di deposito dei provvedimenti, che si sono tradotte in una produttività irregolare nel quadriennio di riferimento.
Tali elementi erano già emersi, nel corso della discussione avvenuta in altro Plenum in merito al superamento della valutazione di professionalità della candidata, conclusasi a maggioranza con un giudizio positivo “almeno in termini di piena sufficienza”, ove si era tenuto conto del cambio di settore operato dalla collega, che, dopo avere esercitato funzioni penalistiche, era passata al settore civile per assumere l’incarico semidirettivo.
A nostro avviso, così come si è esplicitato della proposta di delibera, tale obiettiva criticità non può non essere considerata nell’ambito di una procedura comparativa, avendo essa inevitabili ripercussioni sia sul merito dell’aspirante (art. 4 T.U.), in quanto intacca il parametro della diligenza, sia sulle sue attitudini direttive. Le esperienze maturate nel lavoro giudiziario debbono infatti essere valutate alla stregua degli effettivi risultati conseguiti, tenendo conto della capacità di gestione degli affari, in ragione del richiamo all’art. 8 T.U.
Ci è sembrato quindi doveroso evidenziare, anche nel corso della discussione, come in un concorso tra due candidati, la scelta debba ragionevolmente orientarsi verso chi ha dimostrato, nel concreto lavoro giudiziario, eccellenti doti di diligenza e laboriosità, rispetto alle criticità emerse nel percorso professionale dell’altro candidato.
Una decisione, in altri termini, che valorizza un percorso professionale svolto interamente nella giurisdizione, in termini di continuità di rendimento, diligenza e privo di ritardi o criticità operative, piuttosto che un titolo solo “formale” derivato da una precedente esperienza semidirettiva contrassegnata da documentate criticità.
Solo in questo modo, a nostro avviso, si può affermare e sostenere un modello di dirigenza fondato su efficienza, continuità e affidabilità, valori che dovrebbero costituire oggi la misura più autentica dell’attitudine organizzativa richiesta ai dirigenti degli uffici giudiziari.
È sulla coerenza di simili valutazioni, soprattutto, che si misurano la credibilità e l’autorevolezza del nostro sistema di governo autonomo.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello



