NOVEMBRE
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Diario dal Consiglio del 15 novembre 2025

Sulla mobilità dei magistrati una delibera che guarda al futuro

Il Consiglio superiore ha adottato la delibera sulla statistica relativa alla mobilità dei magistrati, primo atto di ricognizione delle linee di tendenza relative ai trasferimenti di giudici e pubblici ministeri, ricavate dai dati raccolti nell’arco tendenziale di oltre un decennio (gennaio 2014-settembre 2025).

L’iniziativa, proposta dalla Terza commissione, è diretta a costituire un bagaglio comune di conoscenze su un’attività fondamentale ai sensi dell’art. 105 Cost.; muovendo da questa base di elementi condivisi pubblicamente, il Consiglio intende ora adottare linee di indirizzo nella politica della mobilità dirette a meglio soddisfare le esigenze degli uffici giudiziari e dei magistrati stessi.

Rinviando al testo della delibera per il dettaglio dei contenuti, segnaliamo alcune delle risultanze più significative dei dati raccolti.

I flussi generali dei magistrati negli uffici. Le prime tendenze, apparentemente scontate, riguardano il maggiore coinvolgimento degli uffici di primo grado nella mobilità e la necessità di almeno un concorso annuo per m.o.t. al fine di evitare un saldo negativo tra quantità di magistrati in entrata e in uscita in organico. Questo saldo è stato infatti negativo soltanto nell’anno (2023) in cui non v’è stata immissione di nuovi magistrati (416 magistrati in entrata e 560 in uscita). Episodicamente alcuni gruppi di ufficio – soprattutto di secondo grado – hanno accusato saldi negativi anche in altre annate.

Gli innesti di nuovi magistrati devono andare a compensare la principale causa di fuoriuscita, costituita dalle cessazioni dal servizio per pensionamento. Contrariamente a quanto si potrebbe ipotizzare, sono risultati più numerosi i pensionamenti per dimissione anticipata di quelli per raggiunto limite di età. Nell’ultimo quinquennio compiuto (2020-24) la media complessiva annua è stata di 177,6 cessazioni dal servizio, numero già superato nel 2025, in cui al 24.9.2025, si erano già registrati 75 dimissioni e 95 pensionamenti di magistrati settantenni.

È in corso quindi una tendenza alla crescita delle cessazioni destinata a consolidarsi nell’immediato futuro: tra il 2026 e il 2029 è già previsto il pensionamento per raggiunto limite di età di 631 magistrati, ai quali andranno aggiunte le cessazioni anticipate, mai inferiori al 10% delle prime. Emerge dunque l’esigenza di dare continuità ai concorsi per assumere nuovi magistrati in un numero adeguato.

La diversa attrattività delle sedi. I dati acquisiti mostrano l’andamento costante delle mobilità in una direttrice che parte da sud per orientarsi verso sedi collocate al centro-nord. Sono meridionali, del resto, gli uffici giudicanti e requirenti che hanno presentato storicamente scoperture croniche (Vibo Valentia, Locri, Crotone, Palermo, Marsala, Nola, Agrigento, Caltanissetta, Vallo della Lucania, Catanzaro) e quelli rimasti più frequentemente senza aspiranti nei bandi di tramutamento (le corti di appello di Reggio Calabria, Napoli, Torino; i tribunali di Bari e Reggio Calabria; la procura di Palermo).

Rispetto a quest’ultima tendenza, desunta dai dati del periodo 2018-22, nel periodo più recente si registrano andamenti lineari e non meno preoccupanti: oltre ad altri uffici meridionali (tribunale di Foggia; tribunale e procura di Trani), ripetuti interpelli sono andati deserti anche per uffici settentrionali di primo e secondo grado, soprattutto nei distretti di Torino, Genova, Brescia e Venezia.

Questo fatto è destinato a influenzare le soluzioni future del Consiglio in ordine alle sedi da destinare ai m.o.t. e alle cadenze da assegnare ai bandi di tramutamento ordinario.

L’incidenza di fattori non solo geografici nelle scelte dei magistrati che intendano spostarsi è confermata dal coinvolgimento di non pochi uffici minorili e di sorveglianza nella casistica della mancanza di aspiranti. E’ verosimile che in queste ipotesi giuochino un ruolo rilevante elementi specifici, come la ridotta dimensione che mediamente li caratterizza (con i conseguenti disagi che comportano il turn over ordinario o eventi straordinari, ma frequenti, incidenti sull’organico) o l’impatto di interventi normativi (si pensi alla riforma introdotta col d. lgs. n. 149/2022).

In ogni caso, tutto ciò non può che rendere più complessa l’articolazione di misure idonee a contrastare l’assenza di vocazioni verso alcune funzioni, alcuni territori, alcune sedi. 

La legittimità. Com’è comprensibile Corte di cassazione e Procura generale presso la Corte stessa sono gli uffici che più di ogni altro accusano vacanze percentualmente significative, a dispetto delle loro dimensioni: ciò si spiega soprattutto con due fattori, l’età media più elevata dei loro componenti e la maggiore durata delle procedure di tramutamento, dovuta alla necessaria valutazione sugli atti e sui titoli affidata dalla legge (art. 12-bis d. lgs. 160/2006) a una commissione tecnica.

Quanto alle direttrici della mobilità, sul piano geografico i distretti di Roma e Napoli risultano largamente i maggiori fornitori di risorse per i due uffici di legittimità, il che riduce evidentemente lo spettro degli apporti che dovrebbero concorrere alla nomofilachia; circa la metà dei magistrati entrati in Cassazione tra il 2014 e il 2024 provenivano dal primo grado, il che può essere letto positivamente da chi valorizzi gli apporti provenienti anche dalle esperienze basilari e meno positivamente da chi invece giudichi preferibile l’accesso alla legittimità da parte dei magistrati con esperienza impugnatoria e veda in ciò anche una via indiretta di promozione per funzioni di secondo grado che oggi, come visto, sono meno appetite rispetto al passato.   

Le sedi di grandi dimensioni. Anche i flussi verso questi uffici confermano l’esistenza di una direzione di massima dei magistrati dal sud verso il centro-nord.

L’anzianità di servizio media di quanti entrano negli uffici di maggiore dimensione dimostra che, per arrivarvi, essi generalmente transitano almeno per una sede intermedia dopo quella in cui hanno esercitato la prima funzione. Tale passaggio interlocutorio avviene in via tendenziale nello stesso distretto del grande ufficio; è quanto si registra soprattutto nei distretti di Roma e Napoli, in cui gli uffici circondariali (talvolta anche quelli limitrofi: si pensi agli uffici di Terni o Grosseto per Roma, di Paola per Napoli, di Verbania o Piacenza per Milano, di Alessandria per Genova) costituiscono il serbatoio fondamentale per approdare poi al capoluogo.

La somministrazione costante di risorse alla grande sede rende tali uffici – le cui distanze spesso consentono di risiedere nel capoluogo – soggetti a un turn over incessante, con inevitabili ricadute sulla funzionalità del servizio. Di qui la necessità di garantire anche a queste sedi-serbatoio una copertura adeguata con la pubblicazione dei posti che si rendono vacanti.  

La tanto auspicata revisione della geografia giudiziaria passa quindi anche attraverso la presa di coscienza che non solo è necessario portare ogni ufficio giudiziario a un livello minimo di organico che non sconti il costante pericolo di risultare insufficiente anche a causa di carenze fisiologiche, ma che occorre valutare i carichi di lavoro effettivi alla luce della qualità del contenzioso e della stabilità delle coperture, fattori di valutazione imprescindibili e che, pur tuttavia, sono sfuggiti in buona parte al vaglio necessario per il perseguimento degli obiettivi del PNRR, affrontato avvalendosi di rilievi statistici elementari e non ponderati secondo logiche abbastanza complesse.

I passaggi di funzione. Tra l’1.1.2006 e il 27.6.2025 i magistrati che sono passati dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti sono stati 358 (media annua: 17,9), mentre quelli che hanno affrontato il percorso inverso sono stati 555 (media annua: 27,75). In totale a cambiare funzione in circa venti anni sono stati dunque 827 magistrati (41,35 l’anno), di cui 89 per divenire semidirettivi o direttivi.

Questi dati sfatano l’asserzione per cui sia stata la riforma Cartabia nel 2022 a “separare di fatto le funzioni”. La tendenza era già in atto sino almeno dalla riforma dell’ordinamento ascrivibile ai ministeri Castelli e Mastella.

Da una media complessiva di 0,9% di passaggi – rispetto all’organico complessivo – nel triennio 2006-08, si è scesi a 0,68% nel triennio 2009-11, per poi attestarsi da allora sotto lo 0,50%. L’andamento si è consolidato ancora di recente, con una media dello 0,31% di passaggi tra 2020 e 2023.

Solo nel periodo 1.1.24-27.6.25 si registra un’apparente e comunque poco rilevante inversione di tendenza (0,49%), dovuta però a due fattori evidenti. Il primo, di natura strettamente numerica, è costituito dal decremento delle presenze di magistrati in organico: 9.089 unità nel 2021, 9.083 nel 2022, 8.851 nel 2023, 8.717 nel 2024 e 8.681 nel primo semestre del 2025. Riducendosi il valore portato a denominatore, l’incidenza del numeratore aumenta.

Il secondo fattore è rappresentato dalla minore appetibilità delle funzioni requirenti dovuta soprattutto alla possibile approvazione della riforma costituzionale, così che – il dato emerge in tutta la sua evidenza nel 2025, ma già si constata dal 2016 con l’unica eccezione del 2024 – aumentano i magistrati che cercano di passare a quelle giudicanti.

Davvero non si avvertiva, quindi, il bisogno pratico degli interventi legislativi che nel tempo hanno reso più difficile passare dalle funzione giudicanti a quelle requirenti e viceversa, negando una prospettiva di arricchimento professionale che aveva formato intere generazioni di magistrati senza che nessuno si fosse mai sognato (per nella vigenza dell’attuale codice di procedura penale) di alimentare slogan sulla “separazione delle carriere” fino ad arrivare alla modifica della Carta costituzionale.  Gli obiettivi futuri. La base di conoscenze acquisite deve orientare il Consiglio nell’affinare ulteriormente le risultanze attuali, nel monitorare l’andamento della mobilità in vista delle scelte future – la prima concerne i tempi dei prossimi bandi di primo e secondo grado in raccordo con l’impegno richiesto agli uffici per la riduzione del disposition time civile – nell’avviare un’interlocuzione con la politica per giungere finalmente alla revisione della geografia giudiziaria.

Il primo obiettivo che intendiamo perseguire e che ha trovato la condivisione di tutta l’adunanza plenaria nel dibattito relativo alla delibera in questione tocca, però, un altro aspetto. Ci riferiamo all’individuazione di spazi temporali fissi, nel corso dell’anno, in cui dare corso alla mobilità di primo e secondo grado, così che i dirigenti degli uffici e i magistrati tutti possano prevedere e programmare le prese di possesso delle nuove risorse negli uffici in date prefissate e sempre uguali.

Il conseguimento di un simile obiettivo ridurrebbe le inefficienze determinate dagli avvicendamenti di giudici e pubblici ministeri e dalle modifiche organizzative che essi comportano. Esso richiede però l’avvio, preliminare, di un confronto col Ministero della giustizia affinché venga assicurata l’immissione di nuove risorse tramite concorsi per m.o.t. con cadenze a loro volta sufficientemente regolari e coordinate con l’azione consiliare.

Si tratta di un’operazione complessiva che viene praticata in molti comparti della pubblica amministrazione (nella scuola, nell’università, ad esempio) e che per la magistratura sconta la difficoltà dell’interferenza tra le attribuzioni consiliari e quelle ministeriali. Confidiamo però che in uno spirito di leale collaborazione che essa possa realizzarsi nell’interesse di un servizio più efficacia, che vada oltre l’orizzonte del PNRR.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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