Diario dal Consiglio del 25 febbraio 2023
Che succede se il CSM non difende le sue delibere
L’11 gennaio scorso il Plenum del CSM aveva deliberato di non confermare, al termine del primo quadriennio, un collega nelle funzioni di Procuratore della Repubblica di un circondario del centro Italia. La decisione era stata motivata dal difetto dei pre-requisiti dell’indipendenza (artt. 1 e 72 del testo unico sulla dirigenza) e della capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati (artt. 80, 15 e 7 testo unico) per l’accertata spendita della propria qualità al fine di alterare i procedimenti concorsuali del Consiglio, tramite i propri ripetuti contatti col dott. Luca Palamara, per il conferimento d’incarichi direttivi e semidirettivi.
A seguito del ricorso al TAR da parte del collega per l’annullamento, previa sospensione, della delibera, la Quinta Commissione aveva proposto all’unanimità – su parere conforme dell’ufficio studi – la costituzione del CSM nel giudizio.
Il 15 febbraio la proposta non è stata approvata dal Plenum, con 12 voti contrari, a fronte di altrettanti voti favorevoli, e 4 astenuti. Il voto contro la delibera, espresso senza chiamata nominativa, è venuto dalla componente di MI, da un consigliere di Unicost e dai consiglieri laici dei partiti di centro destra.
Negli interventi durante il dibattito in Plenum la contrarietà è stata motivata dall’insoddisfazione di alcuni consiglieri verso il merito della decisione di non conferma adottata l’11 gennaio dal Consiglio. Questa posizione e il voto sono stati stigmatizzati in quella sede da quanti del gruppo di AreaDG hanno preso la parola in quella sede: una volta che la delibera era stata adottata, non spettava rivalutarne la fondatezza a noi, che eravamo invece chiamati a garantire al Consiglio una tutela in giudizio nei confronti di chi voleva affermarne l’illegittimità. Perciò l’eventuale dissenso si sarebbe dovuto esprimere tutt’al più, secondo prassi istituzionale, con l’astensione, non con un voto contrario che ha di fatto impedito quella doverosa difesa.
Nella settimana successiva la pratica ci ha chiamato a una nuova presa di posizione a tutela del Consiglio. Incaricato infatti di motivare la contrarietà che era stata da lui proposta in Plenum alla costituzione in giudizio, il consigliere Cilenti (Magistratura indipendente) ha omesso di riportare qualsiasi ragione. Abbiamo pertanto presentato osservazioni, secondo regolamento, per segnalare questa omissione, indicativa evidentemente dell’imbarazzo che la giustificazione di una scelta tanto singolare aveva creato.
Con soddisfazione abbiamo appreso che il 23 febbraio il TAR del Lazio, malgrado la revoca alla costituzione in giudizio da parte dell’Avvocatura per conto del CSM, ha comunque respinto l’istanza di sospensiva del collega ricorrente, “non ravvisandosi ad un’analisi propria della fase cautelare profili di illogicità nella decisione di non confermare il ricorrente nell’esercizio delle funzioni semidirettive”.
In attesa di conoscere la decisione sul merito del giudice amministrativo, la vicenda ci consegna un pericoloso precedente sul piano della coerenza istituzionale dell’azione consiliare.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello