Diario dal Consiglio del 28 marzo 2024
Incarichi fuori ruolo, la parola al Consiglio
In attuazione definitiva della delega legislativa (con legge n. 71/2022), il Ministro della giustizia ha predisposto uno schema di decreto legislativo relativo al collocamento fuori ruolo e all’aspettativa dei magistrati; il testo sarà oggetto di un provvedimento autonomo rispetto a quello, più generale, sull’ordinamento giudiziario. Di conseguenza il Consiglio ne ha scisso la trattazione, avvenuta nella seduta del Plenum del 20 marzo, mentre sul primo si era già espresso con parere votato la settimana prima.
Questo schema di – ulteriore – decreto legislativo propone una complessità di fondo data da almeno due fattori sovrapposti: la dispersione nell’arco dell’intero provvedimento delle disposizioni destinate a incidere su un’identica disciplina e l’impostazione generale costituita dalla dettatura di regole, di relative eccezioni e di controlimiti alle eccezioni.
Rinviando per i dettagli al testo del parere, c’è spazio per alcune osservazioni di fondo. La prima attiene all’assenza di una regolamentazione distinta per gli incarichi da assolvere, rispettivamente, con collocamento fuori ruolo, in aspettativa o con esonero parziale o totale; la diversa natura, funzione e disciplina generale di ciascun istituto non ha indotto il legislatore delegato a prestabilire le attività esercitabili con l’uno o con gli altri. Ciò comporta, da un lato, la possibilità che, contrariamente all’obiettivo declamato anche nella relazione illustrativa, il numero dei magistrati impegnato in funzioni extragiudiziarie venga di fatto accresciuto, anziché ridimensionato, giacché il limite introdotto ex lege concerne soltanto coloro che sono posti fuori ruolo; spetterà al Consiglio, d’altro canto, procedere a una normazione di dettaglio che dia organicità e chiarezza alla materia sotto tale profilo.
Un analogo rilievo merita la disciplina degli incarichi di natura internazionale, che costituiscono eccezioni rilevanti rispetto a una serie di previsioni generali (tra le altre, la soglia massima decennale di fuori ruolo e il decorso di almeno tre anni dalla cessazione dell’ultimo prima di potere assumere nuovo incarico); il legislatore delegato li ha esclusi, inoltre, dal computo del limite numerico. Tuttavia, non ne ha definito i contenuti specifici né li ha enucleati singolarmente, lasciando dunque al CSM questi compiti.
Vere e proprie criticità sono state colte nel fatto che, riconoscendo la necessità che l’amministrazione di appartenenza valuti il proprio interesse al collocamento fuori ruolo del magistrato, il legislatore delegato abbia tuttavia previsto una casistica in cui tale interesse si presume sussistente o, viceversa, insussistente; il Consiglio è stato così spogliato di tale verifica.
Problemi pone inoltre la previsione del limite numerico complessivo di tali incarichi, ridotto da 200 a 180. Si tratta di un limite – al cui interno sono previste, come detto, varie eccezioni – che potrebbe infatti precludere la possibilità di affidarne di nuovi per funzioni fondamentali, quali ad esempio quelle nella segreteria o nell’ufficio studi del CSM.
In questo articolata regolamentazione complessiva gli spazi d’intervento riservati al CSM stesso si amplificano. Il riconoscimento di questa facoltà è stato salutato con favore, ma anche con la cautela giustificata da un tracciato primario non sempre chiaro: è il caso del coordinamento della disciplina (previsto nell’art. 11 dello schema di decreto) concernente il limite generale di durata complessiva, settennale, con quello speciale, decennale, stabilito in presenza di taluni incarichi di superiore rilievo istituzionale.
L’apprezzamento per l’attività di normazione consiliare emerge altresì dalla constatazione che non poche disposizioni della legge delegata riprendano pressoché testualmente la circolare attualmente vigente. Il CSM resta comunque atteso da un compito non agevole, sia per la tempistica (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo) sia per la delicatezza di alcuni contenuti: si pensi, in tal senso, alla determinazione dei casi in cui la scopertura dell’ufficio a quo, ostativa all’autorizzazione all’incarico, sia definibile come “rilevante” o all’accertamento del “conflitto d’interesse” tra gli atti, spesso corposi, che il richiedente sarà tenuto a depositare insieme con la domanda.
Il parere formulato dal Consiglio è stato approvato senza voti contrari e con le sole astensioni del consigliere Mirenda e dei laici eletti in quota dei partiti di centro destra e di Italia Viva.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello