NOVEMBRE
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Diario dal Consiglio del 11 novembre 2023

Per un Consiglio Giudiziario vicino agli uffici

La nuova risoluzione sull’esercizio della vigilanza da parte dei Consigli giudiziari (art. 15, co. 1, lett. d, del d. lgs 25/2006) è stata approvata dal Plenum dell’8 novembre.

L’esigenza di una nuova riflessione su questa tematica era insorta a seguito di due quesiti posti da altrettanti Consigli, uno dei quali motivato dagli effetti del covid-19 sugli assetti organizzativi degli uffici. A ciò si sono aggiunte la constata disomogeneità delle applicazioni di questo istituto nei distretti e le nuove funzioni di carattere propositivo introdotte dalla riforma Cartabia (l’art. 14, co. 1, lett. c, che ha inserito nell’art. 37 d.l. 98/2011 i commi 5-bis e 5-ter con la possibile indicazione ai dirigenti, da parte da parte dei CG, di interventi diversi da quelli adottati per rimediare a, rispettivamente, gravi e reiterati ritardi di un magistrato o incrementi delle pendenze per oltre il 10% in un singolo ufficio).

La Sesta commissione, insediatasi a febbraio, ha sbloccato una procedura incagliata da anni, esaminando i regolamenti interni di tutti i CG, riunendo in una giornata i loro rappresentanti e raccogliendo anche i contributi scritti di ciascuno. L’istruttoria aveva rilevato la perdurante disomogeneità delle modalità attuative di questa funzione, causate in parte anche da equivoci interpretativi (quale quello che ha portato a identificare l’esercizio della vigilanza con l’esame periodico di tabelle e progetti organizzativi).

Nella risoluzione sono stati ribaditi alcuni punti fermi:

  • l’autonomia regolamentare dei Consigli giudiziari;
  • la distinzione concettuale tra la vigilanza attribuita a questi ultimi e la sorveglianza, affidata ai dirigenti degli uffici (artt. 14 e 16 R. d. lgs 611/1946);
  • l’impossibilità che la vigilanza possa estrinsecarsi in un controllo sull’operato del singolo magistrato.

Questa, come attività collegiale, funzionale alla verifica dell’andamento degli uffici giudiziari presenti nel distretto, è diretta a prevenire o rimuovere i possibili disservizi nonché a promuovere i modelli organizzativi più efficaci. Queste finalità richiedono la maturazione da parte dei Consigli giudiziari di un bagaglio di conoscenze che non può che realizzarsi attraverso un flusso sufficientemente costante di informazioni.

Un siffatto obiettivo può essere perseguito adottando alcuni strumenti che il CSM ha suggerito, nel rispetto dell’autonomia dei CG, anche sulla base di alcune esperienze feconde:

  1. sedute cicliche presso le sedi territoriali o raccolta periodica di informazioni, per instaurare, tramite colloqui coi dirigenti e i magistrati locali, le relazioni personali improntate a fiducia e senso di collaborazione;
  2. interventi compiuti d’iniziativa (in funzione proattiva), perché il CG diventi organo di impulso e di promozione;
  3. raccolta e selezione delle prassi (scelte applicative; soluzioni organizzative) invalse nelle singole sedi, costituendo eventualmente allo scopo una commissione interna al CG;
  4. redazione di relazione periodica sull’esercizio della funzione di vigilanza nella duplice prospettiva di creare un archivio delle attività, a memoria dello stesso CG, anche nelle sue composizioni future, e a disposizione degli uffici nonché di divulgare, a livello nazionale, i contenuti e i risultati delle attività svolte, onde incrementare l’omogeneità dei presupposti per l’azione di vigilanza nelle diverse sedi.

Gli interventi compiuti dai Consigli giudiziari a posteriori non possano che essere vissuti dai colleghi nell’ottica del controllo in una direzione verticale di disciplina. Siamo convinti che, impostando una relazione stabile e continuativa, la vigilanza possa costruire una connessione orizzontale, improntata a una cultura del governo autonomo quanto più possibile condivisa, nella quale le soluzioni organizzative siano partecipate e trasparenti.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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