MARZO
24

Diario dal Consiglio del 24 marzo

Per una linea di serietà sull’incompatibilità parentale

Il Plenum del 22 marzo ha deciso a larghissima maggioranza il ritorno in commissione di una pratica in cui occorreva valutare la sussistenza dell’incompatibilità ambientale di un magistrato operante nella medesima sede giudiziaria in cui il padre, avvocato, esercitava la professione svolgendo, anche se in minima parte, attività presso la sezione in cui era inserito il magistrato.

a) Il fatto. Il Tribunale in questione è suddiviso in sei sezioni. Tra queste vi è una sola sezione dibattimentale penale alla quale sono assegnati 20 giudici tra togati e onorari, tra cui la collega di cui si tratta. Il padre avvocato svolge attività prevalente nel settore civile, ma è iscritto all’albo dei difensori d’ufficio e ha in corso nella stessa sezione dibattimentale alcuni procedimenti penali, che ha indicato in meno di dieci.

Nei loro pareri dirigente dell’ufficio e Consiglio giudiziario hanno ritenuto che l’incompatibilità, pur se in astratto sussistente, possa essere esclusa in concreto in quanto l’avvocato si è impegnato a cancellarsi dall’albo dei difensori d’ufficio e atteso il numero esiguo di processi penali ancora seguiti da quest’ultimo.

b) La normativa primaria e secondaria di riferimento. L’art. 18 dell’ordinamento giudiziario pone la regola del divieto, per i magistrati di merito, di appartenere ad uffici giudiziari nei quali i loro parenti esercitino la professione di avvocato.

La norma detta i criteri per escludere in concreto la ricorrenza di tale incompatibilità: occorre avere riguardo alla rilevanza della professione forense svolta dal parente davanti all’ufficio di appartenenza del magistrato, alla dimensione dell’ufficio, alla materia trattata dal magistrato – criterio rispetto al quale ha rilievo la distinzione dei settori del diritto civile e penale (ecc.) – nonché all’eventuale funzione specialistica dell’ufficio giudiziario.

Con la legge Cartabia si è chiarito che tali criteri sono concorrenti e vanno unitariamente valutati.

La circolare CSM n. 12940 del 2007 e succ. mod., oltre a ribadire che l’incompatibilità ricorre sempre in caso di Tribunali organizzati in un’unica sezione,  come già indicato dalla norma primaria, specifica all’art. 13, che, per i Tribunali ordinari di medie dimensioni l’incompatibilità “è esclusa se il professionista tratta materia in settore diverso rispetto a quello nel quale opera, per organizzazione tabellare, il magistrato, e sempre che non vi sia possibilità di interferenza tra le attività da entrambi svolte” e, per i tribunali di grandi dimensioni, “non sussiste incompatibilità ove il magistrato operi, seppure all’interno del medesimo settore, in sezione specialistica ed il professionista congiunto, affine, coniuge o convivente, non tratti detta materia oppure quest’ultimo tratti la materia specialistica, affidata per organizzazione tabellare ad una sezione, ed il magistrato operi in una sezione a cui sono affidate materie diverse, seppure all’interno del medesimo settore”. Quindi anche ove, per le dimensioni dell’ufficio, sia possibile la coesistenza del magistrato e del parente avvocato, non vi deve essere alcuna interferenza tra le attività dei due.

c) La questione di metodo. La Prima commissione aveva proposto a maggioranza (voto contrario cons. Abenavoli e Papa) di archiviare la pratica senza istruttoria. Noi abbiamo ritenuto importante, alla luce della disciplina vigente a garanzia dell’imparzialità e dell’indipendenza del magistrato e dell’ufficio presso cui opera, che si possa disporre in questi casi di tutti gli elementi di valutazione necessari all’esame del caso concreto, elementi acquisibili già in sede territoriale. Nella fattispecie la vaghezza delle indicazioni contenute nel parere del Consiglio giudiziario non consentiva di apprezzare la quantità e la tipologia dei procedimenti penali ancora patrocinati dal padre avvocato e il loro stato di avanzamento (al fine di comprendere se si tratti effettivamente di attività residuali e prossime alla definizione); non è stata inoltre acquisita la prova della cancellazione dall’albo dei difensori d’ufficio, cui pure il professionista si era impegnato.

Sulla base di queste lacune della pratica il Plenum ne ha disposto il ritorno in commissione, ribaltando la proposta maggioritaria di archiviazione.  

La decisione è importante perché segna l’avvio di una linea, auspicabile per l’intero quadriennio, che vuole imprescindibile la completezza dell’istruttoria nei procedimenti per incompatibilità parentale, stante l’impatto che i legami esistenti tra magistrati o tra magistrati e difensori possono avere sull’immagine dell’ufficio giudiziario.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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