APRILE
13

Diario dal Consiglio del 13 aprile 2024

Perché gli avvocati eletti possono sospendersi

Con un quesito depositato il 2.3.2023 i consiglieri Felice Giuffré, Daniela Bianchini, Isabella Bertolini, Claudia Eccher, Rosanna Natoli, Ernesto Carbone ed Enrico Aimi hanno chiesto se sia applicabile alla loro posizione di avvocati eletti al CSM la sospensione dall’esercizio professionale prevista dall’art. 20 l. n. 247/2012 in luogo della cancellazione prescritta dall’art. 33, comma 2, della legge istitutiva del Consiglio (n. 195/1958).

Quest’ultima disposizione, riprendendo pressoché letteralmente il precetto dell’art. 104, comma 7, Cost., ribadisce che i componenti eletti dal Parlamento, “finché sono in carica, non possono essere iscritti negli albi professionali”. In effetti, la prassi consiliare è stata sempre nel senso di richiedere agli avvocati eletti la cancellazione dall’albo, anche in ossequio a un parere dell’Ufficio studi del 2015.

La richiesta degli attuali consiglieri si fondava invece sul diverso e successivo disposto dell’art. 20, comma 1, della legge di riforma dell’ordinamento forense (n. 247/2012), secondo la quale “sono sospesi dall’esercizio professionale durante il periodo della carica: l’avvocato eletto Presidente della Repubblica, Presidente del senato della repubblica, Presidente della Camera dei deputati; l’avvocato nominato Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Viceministro o Sottosegretario di Stato; l’avvocato eletto presidente di giunta regionale e presidente della province autonome di Trento e Bolzano; l’avvocato membro della Corte costituzionale o del Consiglio superiore della magistratura; l’avvocato eletto presidente di provincia con più di un milione di abitanti e sindaco di comune con più di 500.000 abitanti”.

Interpellato dalla Sesta commissione, l’Ufficio studi ha confermato il parere del 2015, proponendo due opzioni ermeneutiche: la prima di insanabile contraddizione tra le due norme di legge, talché la più recente non potrebbe produrre i propri effetti innovatori –  mantenendo la sospensione l’iscrizione all’albo professionale e la prosecuzione del rapporto previdenziale con la Cassa nazionale forense – a causa del contrasto con la norma costituzionale; la seconda che dà spazio a una lettura in termini compatibilità, in base alla quale la norma dell’art. 33, co. 2, l. n. 195/58 riguarderebbe lo status dell’avvocato, mentre quella dell’art. 20, co. 1, l. n. 247/2012 atterrebbe al mero esercizio dello jus postulandi.

Per effetto di questa interpretazione, l’avvocato, una volta eletto al Consiglio, verrebbe automaticamente sospeso dall’albo e tale resterebbe fino alla richiesta di cancellazione; questa soluzione ermeneutica, tracciando uno spazio differente di disciplina tra le due disposizioni, salverebbe la costituzionalità di quella più recente di riforma dell’ordinamento forense. A favore di questa tesi militerebbero l’apparente carattere di specialità della norma più datata, rivolta ai soli componenti eletti al CSM, e il fatto che il legislatore del 2012 non l’abbia menzionata nell’art. 20 o in altre previsioni.

La tesi non ha convinto la maggioranza della Sesta commissione, che ha ritenuto non persuasiva l’interpretazione costituzionalmente orientata per almeno tre ordini di motivi: per l’inconciliabilità semantica dei termini “cancellazione” e “sospensione”; per l’assenza di riferimenti, nell’intero corpo del rinnovato ordinamento forense, nella relazione introduttiva o nei lavori parlamentari, indicativi della funzione sostanzialmente provvisoria che si vorrebbe così assegnata alla sospensione prescritta dall’art. 20, co. 1; per il carattere assolutamente residuale che verrebbe a delinearsi per l’ambito applicativo di questa disposizione nella lettura proposta.

Per altro verso, il fatto che la sospensione dall’albo non fosse ancora prevista dall’ordinamento forense nel 1958 rappresenta un elemento logico esplicativo del fatto che il legislatore del 2012 abbia voluto invece consentirla, in alternativa alla cancellazione, per gli avvocati eletti al Consiglio, oltre che per tutte le altre situazioni previste dalla nuova norma.

Sulla scorta di questo ragionamento la Sesta commissione ha ritenuto di discostarsi dal parere dell’Ufficio studi anche in ordine agli effetti del contrasto tra le due disposizioni di legge ordinaria e, di conseguenza, tra la norma costituzionale e l’art. 20, co. 1, l. n. 247/2012. Se la ratio della norma costituzionale è di impedire l’esercizio della professione in costanza del mandato consiliare, essa può ritenersi soddisfatta dalla sospensione, istituto non previsto al momento della stesura della Carta costituzionale.

In ogni caso il contrasto non giustificherebbe la disapplicazione – neppure da parte del Consiglio – fintantoché della norma non sia dichiarata l’illegittimità per via giurisdizionale. Pertanto, nella sua permanente vigenza, non è ad oggi possibile negare agli avvocati eletti la facoltà di procedere alla sospensione anziché alla cancellazione dal loro albo professionale.

Nel corso del Plenum Roberto Romboli si è dichiarato contrario a questa soluzione; la Prima presidente Cassano, pur non prendendo aperta posizione per una delle due tesi, ha suggerito un ritorno in commissione della pratica per una riflessione più approfondita della migliore soluzione, tenuto conto della possibilità che un cambiamento radicale di orientamento da pare del Consiglio possa indurre i precedenti consiglieri laici, cancellatisi dall’albo dal 2012 in poi, ad avanzare rivendicazioni economiche per il pregresso.

Marcello, nella veste di presidente della Sesta commissione, ha spiegato come il ritorno in commissione fosse sconsigliabile per due motivi: l’assenza di una giustificazione regolamentare, in difetto di elementi sopravvenuti; le tensioni che la trattazione della pratica aveva inopinatamente fatto registrare tra i proponenti e altri componenti del Consiglio, tali da consigliare un prolungamento dei tempi per raffreddare gli animi pure a fronte di un quesito che richiedeva soltanto l’interpretazione di due disposizioni di legge. Mancavano dunque sia ragioni formali sia ragioni di opportunità per percorrere la via interlocutoria suggerita.

Quanto alle preoccupazioni espresse in ordine alle ricadute future di una decisione innovatrice, non può non rilevarsi come cancellazione e sospensione attengano al rapporto tra l’iscritto all’albo e il Consiglio forense e che esse dipendano in prima istanza dalla volontà dell’iscritto; occorrerebbe dunque verificare se e come tale volontà sia stata espressa dagli avvocati eletti nelle precedenti consiliature.   

Dopo queste spiegazioni il ritorno in commissione è stato respinto dalla maggioranza del Plenum pur con la nostra astensione, volta a dimostrare un atteggiamento di aperta imparzialità di fronte a una questione di rilievo prettamente tecnico (per quanto già lungamente sviscerata). Infine, tutto il Plenum si è espresso per l’approvazione della proposta di commissione, col solo voto contrario del consigliere Romboli e tre astensioni, della Prima presidente, di Mimma Miele e di Francesca.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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