LUGLIO
29

Diario dal Consiglio del 29 luglio

Se i criteri del testo unico non rendono chiare le decisioni

Nel Plenum del 5 luglio è stato nominato il Procuratore della Repubblica di Agrigento nella persona del dott. Giovanni Di Leo.

La Quinta commissione aveva presentato due proposte contrapposte, una (votata dai cons. Bianchini, Mazzola e D’Auria) per il dott. Di Leo, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, e una (votata dai cons. Cosentino ed Ernesto Carbone) per la dottoressa Roberta Buzzolani, attuale procuratore della Repubblica di Sciacca.

Noi di AreaDG abbiamo votato per la dott.ssa Buzzolani con i togati Miele, Fontana e Scaletta e i laici Papa, Romboli ed Ernesto Carbone; per il dott.  Di Leo hanno votato i togati di M.I. (tranne Scaletta) e quelli di Unicost, gli altri laici presenti, il vicepresidente e i componenti di diritto.

Il dibattito consiliare è stato vivace e partecipato.

Tutti gli interventi hanno riconosciuto l’indiscutibile eccellenza professionale di entrambi i candidati.

Il dott. Di Leo ha un percorso professionale ricco e variegato, avendo operato in funzioni sia giudicanti che requirenti, sperimentandosi in realtà territoriali diverse e, dal 2015, prestando servizio presso la procura generale della Cassazione. Egli, tuttavia, non ha mai esercitato né funzioni direttive né funzioni semidirettive.

La dott.ssa Buzzolani, per contro, ha sempre svolto funzioni di pubblico ministero in Sicilia, tranne una parentesi di circa tre anni presso l’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, e dal 2016 esercita le funzioni di procuratore della Repubblica presso il tribunale di Sciacca, nelle quali è già stata confermata.

La discussione si è incentrata su come comparare, ai fini del conferimento di un ufficio direttivo, la pluralità di esperienze (addirittura in diverse giurisdizioni: il dott. Di Leo è stato anche magistrato contabile) con la pregressa esperienza direttiva in ufficio analogo.

Il vicepresidente, nel motivare il proprio voto in favore del dott. Di Leo, ha sottolineato il pregio di un percorso professionale ricco di esperienze molteplici e difformi: la prima presidente e il procuratore generale della Cassazione hanno sottolineato come sia importante, anche nella prospettiva di una “nomofilachia circolare”, che gli uffici di merito, compresi quelli del pubblico ministero, vengano arricchiti dall’esperienza e dal bagaglio culturale di chi abbia lavorato in sede di legittimità.

È un argomento, quest’ultimo, che potrebbe preludere a una pericolosa visione verticistica del percorso professionale dei magistrati. In ogni caso noi riteniamo che il tema non si presti a generalizzazioni astratte.

Non è dubbio che, in linea generale, la pluralità di esperienze costituisca un elemento che arricchisce un curriculum; in effetti la brillante biografia professionale del dott. Di Leo costituisce la migliore replica ai fautori della separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti.

D’altra parte, siamo pienamente convinti che la pregressa esperienza direttiva non possa costituire un totem davanti al quale sacrificare la valutazione di qualunque altro aspetto del percorso professionale degli aspiranti ad un incarico direttivo o semidirettivo.

Nella specie, tuttavia, abbiamo ritenuto che la biografia professionale della dott.ssa Buzzolani fosse più idonea a garantire l’immediata soddisfazione delle “esigenze funzionali dell’ufficio da coprire” (art. 25 T.U.) essendosi ella già misurata – con riconosciuto successo – con i molteplici problemi organizzativi, ordinamentali e relazionali che si presentano nell’esercizio di una funzione direttiva e avendo svolto tale esperienza in un territorio limitrofo a quello  di Agrigento, del quale, quindi, già conosce le caratteristiche ed i problemi.

Resta tuttavia sullo sfondo il tema della necessità di una riflessione sui criteri dettati dal testo unico sulla dirigenza giudiziaria; ogni volta che si tratta di conferire un ufficio direttivo si torna a discutere del tema della valenza della pregressa esperienza direttiva o semidirettiva e spesso questa discussione vede esprimersi i medesimi consiglieri in termini almeno apparentemente contraddittori nelle diverse procedure di conferimento che si succedono nel tempo.

Ciò non è necessariamente sintomo di valutazioni asservite a logiche diverse da quelle della genuina ricerca del “candidato più idoneo per attitudini e merito” (ancora art. 25 T.U.); ma è indubbio che una maggiore prevedibilità e leggibilità delle decisioni in materia di nomine aumenterebbe la credibilità del Consiglio e che, a tal fine, è necessario por mano alle regole.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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