Diario dal Consiglio del 26 ottobre 2024
Testo unico direttivi, c’è una terza via
Nella settimana appena trascorsa sono avanzati in modo significativo i lavori per adeguare il testo unico sulla dirigenza giudiziaria alla normativa primaria introdotta dalla riforma Cartabia (decreto legislativo n. 44 del 2024).
Nella Quinta commissione sono state avanzate più proposte, tutte orientate nel senso di irrigidire i criteri di selezione dei candidati agli uffici direttivi e semidirettivi, al fine di rendere le decisioni consiliari in materia di nomine più prevedibili e più leggibili. L’esperienza della prima fase di questa consiliatura ha infatti confermato come la griglia di criteri offerti dall’attuale testo unico sia a maglie larghe al punto da consentire di motivare scelte valutative opposte (con fortune alterne davanti al giudice amministrativo), pur in situazioni del tutto sovrapponibili, in relazione alla prevalenza di uno o altro criterio.
Una prima proposta, sostenuta da Unicost e da M.D., oltre che dal consigliere Fontana, introduce un sistema di punteggi, nel quale confluiscono, quanto al merito, le valutazioni di professionalità (così, di fatto, operandosi un sostanziale recupero dell’anzianità) e, quanto all’attitudine direttiva, i singoli indicatori previsti dal decreto legislativo attuativo della riforma; a ciascuno di questi ultimi la proposta attribuisce un valore ponderale (alcuni con punteggio secco, altri con punteggio variabile), differenziati in ragione della tipologia di incarico.
Una seconda proposta, sostenuta da M.I., si mantiene invece più in linea con l’impianto attuale del testo unico, introducendo tuttavia, da un lato, un elemento di significativo irrigidimento (la necessaria prevalenza degli indicatori attitudinali specifici su quelli generici) e dall’altro, una forte valorizzazione dell’esperienza giudiziaria, che viene assunta tra gli indicatori specifici. Questa seconda proposta si muove in sostanziale continuità con lo schema di revisione del testo unico sul quale già nella scorsa consiliatura si era raggiunto un accordo unanime nella Quinta commissione e che mai è approdato in Plenum, però, per l’intervenuto rinnovo del Consiglio.
Noi siamo convinti della necessità che le maglie regolatrici delle nomine vengano ristrette, anche – ma non solo – per marcare una discontinuità normativa e concreta con la stagione della degenerazione clientelare emblematicamente rappresentata dalle chat rinvenute nel telefono del dott. Palamara (degenerazione, peraltro, non certo confinata solo all’interno di quelle chat).
Al contempo, tuttavia, riteniamo, per un verso, che privare il CSM di qualunque spazio di valutazione discrezionale nelle scelte dei dirigenti giudiziari rischi di depotenziare il senso del ruolo costituzionale dell’Organo di autogoverno; per altro verso, che un sistema di valutazione fondato sui punteggi non costituisca, di per sé stesso, garanzia di scelte prevedibili e trasparenti. Anche un sistema di punteggi conserva infatti, inevitabilmente (e, in definitiva, auspicabilmente), margini di discrezionalità il cui esercizio, formalizzato nella fissazione di un numero all’interno di un range, potrebbe risultare altrettanto difficilmente controllabile di quanto sarebbe se fosse formalizzato in un’argomentazione discorsiva.
Convinti che le regole siano patrimonio comune su cui è doveroso cercare la condivisione più ampia e altresì convinti del valore dell’unità del CSM nel presente contesto politico e istituzionale, ci siamo dati carico, come gruppo di AreaDG, di tentare una sintesi tra le diverse posizioni in campo.
Stiamo dunque lavorando su una nuova ipotesi di testo, che raccolga e valorizzi l’istanza, sottesa alla proposta fondata sui punteggi, di improntare le scelte future per gli incarichi direttivi e semidirettivi a maggiore chiarezza e predeterminazione; ma pervenga a tale risultato non attribuendo indici numerici alle esperienze dei candidati, bensì gerarchizzando rigidamente gli indicatori previsti dal decreto legislativo.
La nostra ipotesi di lavoro si risolve, dunque, in un quadro fondato su una preliminare valorizzazione della durata dell’esperienza giudiziaria degli aspiranti nel settore del posto a concorso, e, a seguire, in una selezione per passaggi successivi, diversi a seconda della funzione da conferire: più stringente per i posti iniziali della catena dirigenziale (semidirettivi di primo e secondo grado, direttivi di uffici piccoli o medi), che sono numerosi e nei quali normalmente iniziano le esperienze direttive dei colleghi; più elastica – ma pur sempre ancorata a un ordine preferenziale di indicatori – per i posti direttivi di primo grado di grandi dimensioni, di secondo grado e di legittimità.
L’obbiettivo del nostro tentativo di mediazione è quello di fare convergere tutto il Consiglio, o almeno la più larga maggioranza possibile, su un articolato che garantisca trasparenza e credibilità alle nomine consiliari, valorizzi il tempo di esercizio nella giurisdizione negli uffici e cerchi di superare la tendenziale separazione esistente di fatto tra i colleghi che già hanno incarichi dirigenziali e gli altri magistrati, scoraggiando i passaggi senza soluzione di continuità da una ad altra funzione direttiva.
Sappiamo che le visioni in campo sono, legittimamente, molto differenti e siamo anche consapevoli del fatto che la formulazione tecnica del decreto legislativo n. 44/24 non favorisce la redazione di un testo di normazione secondaria facilmente gestibile in sede applicativa; ci auguriamo però di riuscire a favorire la convergenza più ampia possibile su una proposta che dia serenità e chiarezza al tema delle nomine, per l’oggi e per il futuro.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello