Intervento

Giovanni (Ciccio) Zaccaro
Giudice presso il Tribunale di Bari

Vorrei ringraziare il coordinamento uscente, che ha lavorato tanto e bene. Li nomino e saluto individualmente: Egle, Eugenio, Ilaria, Daniela, Chiara, Luca e Roberto.

Ringraziamo, poi, Area Palermo e tutti i colleghi che si sono tanto adoperati per portarci qui e per farci stare bene. Grazie a Palermo, grazie per questo convegno.

I primi sintomi del successo del congresso sono i lanci di agenzia che stiamo leggendo. Evidentemente ha dato fastidio che qui si parlasse di diritti, di politica dei diritti, di libertà, di garanzie. Dopo gli interventi di stamattina, il deputato Costa ha lamentato che Area democratica per la Giustizia si è iscritta al campo largo della sinistra, che va dai Cinque Stelle al Pd. Penso che noi tutti possiamo rassicurarlo: non ci siamo iscritti al campo largo della sinistra, ma  ci siamo qui riuniti a discutere dei diritti e delle norme, che ogni giorno andiamo ad applicare.

Così come ha fatto oggi il giudice del tribunale di Catania, che ha non convalidato il trattenimento di alcune persone che chiedevano  protezione internazionale in Italia. Sarà compito degli esperti fare un approfondimento giuridico di questa decisione, però è importante che c’è un giudice che vigila e che tutela i diritti…c’è sempre un giudice a Berlino. La libertà individuale è un diritto fondamentale e anche se la maggioranza dei cittadini italiani non vuole garantire la libertà individuale e la dignità di queste persone che arrivano nei nostri paesi, spetta ai giudici garantire la loro libertà. E non è giustizia politica, come Fratelli d’Italia ha scritto in un lancio di agenzia. È giustizia e basta.

È anche buffo che la maggioranza di governo è attentissima ad alcuni diritti fondamentali, come per esempio la riservatezza e pertanto cerca di limitare le captazioni telefoniche ed ambientali, mentre se ne frega di quello che forse è il diritto principe, che è la libertà personale.

Il congresso serve a capire che cosa è Area, che cosa dobbiamo fare di Area. Nel tornare in ruolo dopo l’esperienza in CSM, l’unico vantaggio è quello di tornare a incontrare i colleghi in tirocinio. Chiacchieravo con Ilaria che fino a poche settimane fa lavorava al mio stesso piano al palazzo di giustizia di Bari e parlavo del congresso… i colleghi in tirocinio ci hanno chiesto che cos’è Area? Che cos’è questo congresso? Dobbiamo tutti fare questo esercizio quotidiano: spiegare, prima a noi stessi, poi agli altri cosa è Area. Perché uno si dovrebbe scrivere ad Area?

Facciamo uno spiegone, allora, sul panorama associativo oggi. Che cosa sono i gruppi associativi? Magistratura Democratica – alla quale io, come tanti di voi, devo tantissimo per la mia crescita professionale e culturale – è ormai un gruppo di magistrati che fa politica generale, basta vedere il loro programma congressuale. Si occupa di tanti temi, di tutti i temi, senza poi preoccuparsi delle immediate ricadute giurisdizionali di questo dibattito. Non si rendono conto, e mi dispiace perché veramente Md mi ha dato tanto, che gli altri gruppi, la maggioranza di governo, quei giornali sempre più polemici trasforma MD in una macchietta. È diventato il gruppo che fa opposizione a prescindere, su qualsiasi tema. Contemporaneamente al Congresso di Md a Napoli, c’è quello di MI a Venezia, che è costruito in antitesi al primo, tutto costruito contro l’uso politico della giurisdizione e l’interpretazione alternativa del diritto.

 MI è stata in tutti questi anni il gruppo di lotta e di governo: contemporaneamente amministrava quello che poteva amministrare e faceva il sindacato dei magistrati, l’aizza popolo, il tutore dei singoli poveri giudici.

Ora è evidente, non può continuare perché controlla tutto, non può essere di lotta e di governo perché è solo di governo: ha in mano il Consiglio grazie a una permanente alleanza con tutta la componente laica; ha occupato i posti chiavi del ministero; spero non occupi il prossimo CDC dell’ANM. Perché, in sede distrettuale, dove guida l’ANM, fa quello che loro ritengono debba essere l’ANM, appena qualcosa di più del Rotary: convegni, inaugurazioni, il ricordo dei colleghi uccisi… ma mai vera politica della giustizia.

Tutto questo noi lo sappiamo. Ed è inutile che ce lo ripetiamo nella nostra chat e nei nostri convegni, perché non abbiamo bisogno di convincerci a vicenda, mentre la vera militanza in Area è convincere gli altri colleghi, quelli che chiedono la protezione a MI, però si scagliano in pubblico contro le correnti, quelli indifferenti a tutto.

E sarà ancora più facile fare questa opera di ricostruzione della verità storica, quando ci renderemo conto che tutti i dirigenti degli uffici ormai sono di MI. Il mio Consiglio li ha nominati quasi tutti di MI. E anche quello attuale. Certo ci sono  colleghi di Mi eccezionali e tutti lo meritano. Ma con questo quadro, sarà per MI difficile fare il tutore dell’indipendenza interna del pubblico ministero, il tutore del singolo giudice, schiacciato dalle istanze produttivistiche del dirigente, perché quel dirigente “prevaricatore” sarà di MI.

E poi c’è Unicost, che conoscete tutti benissimo. Io sono fermamente contrario al bipolarismo in politica, figuratevi in magistratura.  Pertanto sono contento se Unicost si riprende, guadagna una sua soggettività politica. Però, alla fine, dalle cronache consiliari vedo che Unicost predica bene e razzola male, perché continua a fare del corporativismo. MI è il gruppo che protegge tutti. Unicost è il gruppo che protegge i suoi. Noi dobbiamo ringraziare i nostri consiglieri, perché hanno rispettato il mandato che abbiamo loro conferito: proteggiamo solo chi lo merita, cerchiamo di dare buona prova del governo autonomo, non facciamo corporazione.

Però, il coordinamento nazionale di Area, i coordinatori distrettuali, i singoli iscritti di Area, queste cose  le devono raccontare all’esterno. Altrimenti è fatica sprecata, altimenti l’opinione pubblica non se ne accorge.

Torniamo alla domanda del MOT. Perché mi devo iscrivere ad Area? Che cosa è Area? Area è tutte quelle cose che abbiamo sentito finora in questo Convegno; Area invoca un modello di magistrato, che è quello che c’è scritto nella Costituzione. La giurisdizione in nome del popolo italiano come servizio: non come affermazione individuale, non come emenda morale, non come affermazione collettiva, ma come servizio. Quindi il rispetto delle parti e l’attenzione alle carte. Nella Costituzione c’è pure scritto che i magistrati sono tutti uguali e si differenziano solo per funzioni. E dunque Area deve lottare per abbandonare la idea di una carriera in magistratura, della remota possibilità che si possa anche solo immaginare una carriera in magistratura, dell’idena per cui il sostituto della DDA è più bravo di quello dell’ordinaria; per cui se arrivi ad una certa età e non fai il presidente di sezione, vuol dire che sei scarso.

Purtroppo questa idea si diffonde sempre più. Lo dicevo, ieri, anche al corso in Cassazione quando mi sembrava assurdo che anche i colleghi formatori parlassero di giudice superiore. Ma che cos’è il giudice superiore? Al massimo sarà il giudice del grado successivo. Ma è entrato nel linguaggio legislativo, come ad esempio, nelle istruzioni dei progetti organizzativi della Cartabia c’è scritto “il capo dell’ufficio”. Non usiamo più queste parole. Cari pm non chiamate il vostro procuratore “capo”. L’igiene del linguaggio e anche igiene politica.

I temi da affrontare sono tantissimi. Ho letto i documenti del gruppo di lavoro sulla dirigenza; sono cose belle ed interessanti – io ho le mie idee sul punto e magari ne parleremo.

Però è indubbio che i posti direttivi e semidirettivi sono 800 e rotti, su una comunità di di 10.000 magistrati, se fossimo a pianta organica piena. Ma pensate che esistano in Italia 800 magistrati che hanno una reale attitudine a organizzare il lavoro altrui? una reale capacità di farlo? sono troppi! perché sono troppi gli uffici giudiziari. Se fossero di meno, molti di meno, potremmo sceglierli investendo effettivamente nella loro capacità organizzativa. Perché sarebbe l’organizzazione, il centro del loro impegno. Quando ero al Consiglio ed arrivava un aspirante presidente di sezione o aspirante procuratore aggiunto, diceva “voglio sperimentare alcune idee che ho… voglio verificare se la capacità di organizzare il mio lavoro la riesco a proiettare nell’ufficio”. Questi sono i giri di parole che fanno i colleghi di Area che aspirano alla dirigenza. Quelli di MI lo dicono più spudoratamente …“dammi questo posto perché ti ho votato”…scherzo...

Tutta questa voglia di “sperimentarsi” alla guida di un ufficio, ma possibile che capita solo a Roma, a Bari, a Napoli? Al tribunale di Vibo, che è composto dai giudici che stanno facendo il processo di Rinascita Scott, per il posto di presidente di tribunale: una domanda. Presidente sezione penale di Vibo: una domanda. Presidente sezione penale di Lamezia: una domanda. Presidente di sezione di Crotone: una domanda. Ora quel presidente di sezione che ha la seconda valutazione appena conseguita, è forse anche il facente funzioni di quell’ufficio. Cari aspiranti dirigenti, andate lì a verificare le vostre capacità organizzative perché lì ci sono i colleghi in tirocinio. Lì ci sono i colleghi che hanno bisogno di un uomo o una donna di esperienza, di capacità organizzative. A Roma, Napoli, Milano ce ne sono così tanti di presidenti di sezione, che anche se mandiamo uno scarso, non fa niente. Proviamo lì, a sperimentarci.

Torno sulla generosità dell’impegno. Io, insieme ad altri, siamo candidati al Coordinamento e non so se sarò eletto. Certo che il Coordinamento potrà funzionare, se esisterà un impegno diffuso, una generosità diffusa. Innanzitutto, a partire dalla composizione delle liste del prossimo CDC: si voterà fra 8 mesi, un anno. Sono 36 posti nelle liste ed è un sistema proporzionale. Se non ci saranno tutti i distretti rappresentati e tutti i distretti più grossi con più candidati – a prescindere da chi vuole fare il presidente o il segretario, anche come portatori di acqua – sarà un fallimento di Area come soggetto collettivo. E se dovessi essere eletto al Coordinamento e dovessi accorgermi che non c’è la disponibilità a coprire i posti in lista, io mi dimetto un secondo dopo. Perché la generosità deve riguardare tutti, non solo quei poveretti, che per due anni si portano il cero sulla spalla.

Devo poi una risposta ai giornalisti. Ieri mi è stato chiesto: “ma siete voi adesso le toghe rosse?”. E io ho risposto “Sì, siamo le toghe rosse, rosse di rabbia, perché siamo quelli che non riusciamo a dare risposte di giustizia alla domanda di giustizia”. Perché il ministro ci parla di quando faceva i processi alle Brigate Rosse o i suoi grandi successi di qualche anno fa, ma si dimentica che deve somministrare i mezzi. Siamo noi le toghe rosse, perché siamo rosse di rabbia quando vediamo che si fanno leggi su leggi, senza rendersi conto sull’impossibilità che funzionino queste leggi, senza verificare la loro sostenibilità in concreto. E siccome siamo noi a metterci le facce – nel caso del giudice penale ad alzarsi e leggere il dispositivo di prescrizione o di assoluzione – quando la giustizia non funziona, siamo rossi di vergogna per le leggi che non funzionano o le risorse che mancano. Rossi di rabbia, se scassano la Costituzione e la scassano anche sulla giurisdizione, lasciando poi alla fine sguarniti i cittadini che hanno bisogno di giustizia. Certo, ho saputo oggi dal ministro che i ricchi piangono. Che esiste un grave problema di giustizia di classe, all’incontrario. Quelli che più temono la giustizia sono i cittadini ricchi, ha detto stamattina il Ministro. Temo che se la giustizia è il potere dei senza poteri, se cambiano ì la Costituzione e la giurisdizione, i cittadini senza poteri privati perderanno pure il potere (anzi il diritto) di avere giustizia.

Ma siccome poi il rosso, almeno per chi come noi viene da una certa tradizione, è anche il colore della riscossa e della speranza, tutte queste cose le dobbiamo affrontare, come diceva il grande pensatore sardo, con il “l’ottimismo della volontà”, perché la ragione, purtroppo, ci induce al pessimismo.

Trascrizione a cura della redazione,
rivista dal relatore

Gli altri interventi

Saluti

Relazione introduttiva

Tavola rotonda:
I diritti sotto attacco

Dibattito congressuale