Intervento

Stefano Musolino
Segretario nazionale di Magistratura Democratica

Buon congresso a tutte e tutti e grazie per questa bella occasione di condivisione e confronto.

I tempi non sono favorevoli, la magistratura non è e non è mai stata perfetta ed irreprensibile, ma è chiaramente percepibile una coalizione di potere (politico, economico, mediatico) teso ad evidenziare le non poche manchevolezze che ci caratterizzano, talvolta enfatizzandole, talvolta inventandole, talvolta solo narrandole, al preciso scopo di offrire una rappresentazione di inaffidabilità dell’organismo giudiziario. L’evidente obiettivo è quello di renderci ancora più deboli innanzi all’opinione pubblica, per indurla ad assecondare riforme costituzionali che rompono gli equilibri e le garanzie tra i Poteri dello Stato, lasciate a “cucinare” in Parlamento, senza nessuna apparente, specifica responsabilità politica, nell’ambito di un consenso assembleare fluttuante, animato da attori di giornata, ma sempre egemone. L’insofferenza verso l’indipendenza della magistratura e la sua costituzionalmente fisiologica funzione antimaggioritaria, a tutela dei diritti fondamentali, è esplicitata a più toni, mentre un garantismo classista a tutela dei potenti, prende il posto nel dibattito pubblico, delle ragioni del garantismo emancipatore di matrice costituzionale.

Questo presente incalzante ed inquietante, perché può incidere sulla nostra essenza costituzionale, non ci consente di guardare con lucidità alle prospettive future. E se è vero che la nostra autonomia ed indipendenza è un pre-requisito per la tutela dei diritti, sicché la sua messa in discussione è un problema urgente, come gruppi associati abbiamo l’onere di chiederci anche quale sia l’orizzonte della tutela dei diritti.

Ebbene, a me pare che i conflitti ed il governo dei conflitti siano il gradiente futuro della giurisdizione. Ed è vero che parlare di conflitti con la guerra ai confini dell’Europa può essere urticante, ma è anche vero che il conflitto diventa elemento negativo di arretramento solo se è funzionale all’annientamento dell’interlocutore, secondo una logica binaria: amico/nemico; buono/cattivo; migliore/peggiore. Il rispetto per il punto di vista altrui, la comprensione della possibilità di arricchimento che viene dal diverso, possono, invece, alimentare un conflitto generatore di effetti positivi e di sviluppo dei diritti.

I diritti in conflitto

Il conflitto tra le nuove generazioni e le vecchie in ordine ai costi che siamo disposti a pagare per la transazione ambientale; Il conflitto che anima le questione di genere ed i diritti gender; il conflitto dentro un mondo del lavoro sempre più precario ed escluso da forme di intelligenza artificiale che con la robotica riducono l’apporto umano; il conflitto tra popoli ricchi e popoli poveri che sta generando flussi epocali di migrazione; il conflitto tra ordine, sicurezza e benessere da una parte, marginalità economica e sociale generatrice di piccola e grande criminalità dall’altra. La magistratura è al centro di questi conflitti ed, anzi, spesso il Parlamento ed il Governo tendono a cederle la loro completa gestione, illudendo i cittadini con un panpenalismo ottuso che scarica sul processo penale, compiti performativi che gli sono estranei.

Di tutto questo, quanto è consapevole la magistratura? Ed ancora ne siamo consapevoli noi gruppi associati e quanto facciamo per diffondere questa consapevolezza? Quale ruolo immaginiamo per la magistratura in questo contesto? Possiamo immaginare una magistratura pura esecutrice di politiche securitarie generatrici di disuguaglianze, in nome di una percezione del ruolo neutrale ed asfittica che tradisce le ragioni costituzionali poste a fondamento della nostra autonomia ed indipendenza? Possiamo confidare in un nucleo di ottimati a cui affidare le chiavi del futuro, da collocare in ruoli apicali, al fine di dirigere con apparente sicumera i passi della magistratura futura? O è ancora possibile coltivare l’idea di una magistratura orizzontale, ma anche arricchita da sensibilità plurali in constante dialogo conflittuale alla ricerca di una sintesi efficace, dentro il perimetro costituzionale?

Non ho risposte certe a queste domande, forse le risposte stanno negli spazi di tutte, nel vento, direbbe B. Dylan, del conflitto tra queste, ma è proprio l’esistenza di queste domande, prima ancora delle risposte che saremo capaci di dare, che ci dice della nostra responsabilità quali gruppi associati. Nella mediocrità di una politica impegnata ad assecondare gli istinti della folla, prigioniera delle sue pulsioni, espresse sui social e di una stampa che tende ad assecondarle, dobbiamo assumerci la responsabilità della saggezza. Ed il primo passo è rendere la magistratura consapevole della posta in gioco sui temi delle riforme costituzionali, insieme al suo – sempre più decisivo – ruolo di gestore dei conflitti; giacché le due cose sono interdipendenti.

Quale è lo stato, oggi degli assetti della magistratura

La magistratura sta cambiando ed anche le forme dell’associazionismo dovranno farlo, in modo che ancora non ci è troppo chiaro. Le modalità di gestione da remoto del lavoro, specie nel civile, sta cambiano lo stesso modo di relazionarsi tra i magistrati e nei rapporti con l’utenza, insinuando profili alienanti di burocratizzazione del lavoro. I carichi di lavoro, talvolta imponenti ed intollerabili, ed il timore per un disciplinare ottusamente praticato, quale leva dell’efficientismo, sono ulteriori elementi che accentuano questa deriva.

E però, in occasione della “ribellione” avverso la riforma Cartabia sull’ordinamento giudiziario così come in occasione delle ultime elezioni al CSM, la magistratura ha mostrato un’attenzione ed una vitalità per i temi dell’associazionismo, i modi del dover essere magistrato, che sono un grande segno di speranza che va coltivato. Vi è in moltissimi il desiderio di fare questo lavoro, assecondando la passione che li ha portati ad affrontare la sfida del concorso, con uno spirito di servizio in funzione ed a tutela dei valori costituzionali.

Ed è su questa passione che anche noi dobbiamo confidare e che proprio noi – come gruppi associati – siamo chiamati a rianimare, assumendoci questa responsabilità, alimentando il dibattito sulle nostre differenti sensibilità.

È una sfida nuova che sa di antico, che ci riguarda tutti e con la quale, anche a nome di tutta Magistratura democratica, vi auguro buona prosecuzione dei lavori congressuali.

Trascrizione a cura della redazione,
in attesa di approvazione dal relatore

Gli altri interventi

Saluti

Relazione introduttiva

Tavola rotonda:
I diritti sotto attacco

Dibattito congressuale