Intervento

Giuliano Scarselli
Professore di Procedura Civile presso l’Università di Siena

Vi ringrazio molto per questo invito. Sono lusingato e mi sento piccolo piccolo perché non sono un politico, non sono un magistrato, non so fare discorsi di ampio respiro. Avevo preparato una cosa piccola piccola, che sta dentro una cosa più grande. Ma anche questa cosa più grande non è stata molto affrontata questa sera. Sicché a parlare di una cosa piccola che sta dentro una cosa più grande che però non è stata affrontata… mi sento proprio inadeguato. E poi con il tempo ho imparato che ci sono cose che non si possono dire. E sicché non so nemmeno se questa cosa si può dire… Giustizia Insieme, la vostra rivista con la quale collaboro molto volentieri, ha pubblicato questo mio intervento. Quindi volendo si può leggere lì… e non c’è bisogno di tediarvi. Il problema è che a me preoccupa che si è perso il valore del fatto che i magistrati si distinguano solo per funzioni. Qualcosa si è detto stasera, ma mi sembra che sia un argomento centrale.

Lo dico da non magistrato: secondo me, questa è la base della democrazia e della libertà per tutti noi. Se noi avremo un domani una società che non crede più che la magistratura se un potere diffuso – uso questa espressione perché credo sia giusto usarla – io avrei paura a vivere in quel Paese. Questa idea mi sembra che invece oggi ci sia vada che invece ci sia oggi.

L’altra riflessione che voglio fare è che io non ci vedo una grossa differenza fra destra e sinistra. Qui si è cercato di esaltare le contrapposizioni, però sul fatto che la magistratura deve sempre di più essere gerarchizzata, che deve essere sempre più uniforme, che ormai si fa quasi a un sistema di common law dove la Cassazione, la nomofilachia non è più persuasiva e che va rispettata, punto è chiusa. Il problema non è più soltanto di indipendenza interna, ma c’è anche un discorso indipendenza esterna. Io questo lo vedo uniforme, perché il tema che volevo proporvi – però non so se si può dire – è di studiare il ruolo del ministro della Giustizia. Da ragazzo all’università mi hanno insegnato che, per i nostri costituenti usciti dal fascismo, era un valore relegare al ministro della Giustizia soltanto i servizi dell’organizzazione della giustizia. Tutto il resto non poteva essere del ministro della Giustizia, vista l’esperienza che in vent’ anni noi avevamo avuto. Questo lo dice in modo chiaro l’articolo 110. Forse potrebbe essere un argomento su cui organizzare un convegno e ragionare se oggi quest’articolo 110 oggi sia ancora così rispettato… perché a me sembra di no.

Mi sembra che già nel Governo precedente fossero presenti elementi che intendessero dare un nuovo ruolo. Il PNRR, la resilienza, l’efficienza, la ragionevole durata dei processi – prima viene la produttività e tutto il resto viene dopo – portano ad avere bisogno di una magistratura più efficiente, ad avere bisogno che sia più uniforme e, quindi, anche di ministro della Giustizia che assuma un ruolo che fino ad oggi non aveva avuto. Ho questo sentore e mi preoccupa.

Credo sia un argomento sul quale la magistratura non può non fare una riflessione.

In questo mio lavoro fatto sette esempi concreti, che certamente conoscete.

Con la riforma Cartabia nel penale, come sapete, sono state inviate delle circolari ministeriali a tutti i capi ufficio, nelle quali si spiegava la riforma. È vero che in gran parte erano meramente illustrative e sono state definite soltanto un “manuale d’uso”. Trovo abbastanza discutibile trattare magistrati così, perché io avrei qualche imbarazzo a trattare così i miei studenti. Non so se ai magistrati serva un manuale d’ uso quando esce una riforma. Forse sanno leggerla da soli. Però, poi, ci sono una serie di passaggi che sono interpretazioni della legge. Questo me l’hanno fatto notare tanti vostri colleghi. Io ho tanti amici magistrati che mi hanno aiutato, perché non sono un penalista.

Come secondo esempio, passando al Civile, ci sono i cosiddetti applicativi. Voi oggi per rendere giustizia non avete più la libertà di scrivere i provvedimenti come volete, ma dovete usare un programma, che è fatto dal ministro della giustizia. Mi fa piacere conoscere il consigliere Basilio, perché cito proprio lui. Riprendo quello che lei ha detto all’inaugurazione dell’anno giudiziario a gennaio alla Corte d’appello di Genova: l’art. 127-ter che riguarda l’udienza cartolare l’applicativo aveva già una sua risoluzione, che invece dovrebbe stabilire il giudice.

Poi ci sono i problemi dell’Ufficio per il processo. Ho ripreso il questionario che il Ministero ha inviato per analizzarne il funzionamento. Vuole che l’Ufficio del Processo, che non sono magistrati, faccia le bozze e ne faccia tante. E che quelli siano i provvedimenti definitivi. Nel questionario si chiede: il vostro Ufficio per il processo quante bozze ha fatto? Ma ne ha fatte veramente tante? E quanti provvedimenti definitivi corrispondono a quelle bozze? Queste sono le domande che fa il ministro? Allora il magistrato è quello che trasforma in gran numero queste bozze in provvedimenti. A me non piace, non è il magistrato come mi immaginerei.

Poi aggiungerei ancora – ma Antonello che mi sorride – ma ormai io mi sono fatto la fama di quello che dice le cose che non si dicono… però, vedendo che è calato il silenzio nell’aula, forse non sto dicendo stupidaggini.

Il ministro ha detto ai capi ufficio di inviare tutti i provvedimenti all’Università e ha fatto una bozza di contratto che i capi degli uffici devono firmare con le università per l’organizzazione di questo lavoro. Ma poi, leggo che le università si dovrebbero preoccupare di come si fanno le motivazioni dei provvedimenti. Io ci sto dentro alle università: chi è che può dire ad un magistrato come di fanno le motivazioni di un provvedimento? Ma di che si sta parlando? E specifica tutta un’altra serie di cose che, per non dilungarmi, non sarebbe conveniente affrontare. So che ci sono alcuni uffici che si sono rifiutati di fare questo: consegnare gli atti, come uno studente consegna al professore, per farseli analizzare dagli universitari, i quali poi dicano dove hanno sbagliato e come possano migliorarsi, come possano fare giustizia in modo più veloce rendere più veloce… Io lo trovo imbarazzante.

Ancora un esempio riguarda il decreto ministeriale sulla brevità a chiarezza degli atti. Mi sembra che la protesta degli avvocati sulla lunghezza massima di 80.000 battute sia fuori luogo. Avendo avuto la fortuna di essere legato a Proto Pisani e a Virgilio Andreoli, io sono cresciuto al Foro italiano e ci hanno insegnato che più di 15.000 battute non si possono scrivere. Non ho mai scritto un atto da avvocato di 80.000 battute e non mi va neanche di leggerlo. Quindi, non è questo il problema. Il problema è che lo fa il ministro. Cioè che è il ministro che dice a giudici e avvocati come devono scrivere gli atti.

Quandi dissi questa cosa in Cassazione fui aggredito mi dissero “ma lei ma si rende conto che c’è una legge che ci ci ha dato questo potere?”. Sarebbe l’art. 46 delle disposizioni di attuazione, ma io ritorno al 110 della Costituzione. Perché se è vero che il 110 della Costituzione dice che il ministro si deve occupare soltanto di cose che attengono ai servizi, io vi chiedo se dare le indicazioni su come si scrivano gli atti può rientrare nel concetto di servizio ai sensi dell’articolo 110 della Costituzione.

Potrei farvi altri esempi, ma non voglio tediarvi.

Volevo aggiungere che quello che quello che mi preoccupa non è tanto questo, perché è chiaro che si sta andando verso una gerarchizzazione della magistratura e per me è inquietante. Dicevo anche che l’ordine è un è importante, ma l’ordine importante se ogni tanto ha accanto a sé anche del disordine. Perché se è solo ordine a me non piace. È importante l’uniformità della giurisprudenza, ma è necessario e indispensabile che in griurisprudenza ci siano anche i contrasti. Perché se noi viviamo in una società dove un domani non ci saranno più contrasti di giurisprudenza, questa società non è più libera.

Un ultimo esempio. Quest’estate la Cassazione ha detto che la sospensione dei termini feriali non si applicano più alle cause dove si chiedono gli assegni per il coniuge debole e per i minori. Questo ha messo in agitazione gli avvocati della famiglia che stavano andando in vacanza e non potevano più andarci perché avevano da scrivere le memorie... ed è successo il finimondo. E fin qui siamo nella norma. Ma cos’è che non è nella norma e che mi ha agitato anche come avvocato? Che hanno fatto un’istanza al ministro – e qui torna il mio argomento – chiedendo che intervenisse con un decreto legge per risolvere il problema. Sono rimasto stupefatto e mi sono meravigliato che altri non abbiano detto: ma come, uno va dal ministro perché il ministro corregga un orientamento giurisprudenziale? Evidentemente nella testa di qualcuno questa gerarchia è già pronta: c’è il giudice, ma sopra c’è il ministro. Posso rivolgermi al ministro e chiedergli giustizia, perché l’orientamento non va bene. Poi non è successo nulla, ma è sintomatico del periodo che stiamo vivendo.

Nella difesa dell’indipendenza della magistratura, che per me è un valore sacro, e nella difesa, soprattutto, del valore del potere diffuso che la magistratura deve continuare ad avere, bisognerebbe valutare – senza dire chi è il ministro perché, ripeto, queste cose che ho ricordato riguardano anche il precedente governo – quanto sia rispettato il 110. È una domanda che credo sia legittima e credo che dobbiamo approfondire perché è uno degli elementi fondamentali per assicurare questa indipendenza della magistratura, che non deve entrare in crisi.

Grazie.

Trascrizione a cura della redazione,
in attesa di approvazione dal relatore

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Saluti

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