Intervento

Rossella Marro
Presidente di Unità per la Costituzione

Vi ringrazio per l’invito. Ringrazio in particolare Eugenio, con il quale ho condiviso quattro anni al CDC, bellissimi e faticosi, complessi, come con Marcello Basilico. Ringrazio Egle Pilla, con cui ho condiviso l’attività lavorativa, perché abbiamo lavorato tanti anni nello stesso settore, tra Santa Maria Capua Vetere e Napoli.

Quando mi ha chiamato per invitarmi, Egle mi ha detto “Hai carta bianca, puoi parlare di quello che vuoi, di quello che più hai a cuore”. Da un lato ti ringrazio per la fiducia, ma è anche una grande responsabilità. Mi sono molto interrogata su quale taglio dare a questo intervento, anche perché, purtroppo, non ho potuto seguire i lavori del Congresso in quanto in contemporanea c’è stato un convegno a Monopoli organizzato dal mio gruppo. Quindi sono partita un po’ dal tema della tavola rotonda “I diritti sotto attacco”.

Un tema suggestivo e inquietante. Se gli organizzatori avevano in mente di creare ansia, con questo tema ci sono riusciti. Quindi da dove si può partire e che tipo di valutazione si può compiere rispetto al tema dei diritti sotto attacco? Come alcuni hanno fatto prima di me, partirò dalle prospettive di riforma costituzionale che riguardano l’assetto della magistratura nei rapporti con i poteri dello Stato.

Come tutti sappiamo sono state presentate quattro riforme costituzionali, che propongono di separare le carriere con previsione di due organi di governo autonomo della magistratura.

Le proposte prevedono di:

  • Modificare la composizione degli organi di autogoverno, stabilendo che metà dei membri sia scelta dal governo, consentendo in astratto –in astratto – che i magistrati siano estratti a sorte.
  • Vietare ai Consigli superiori della magistratura di aprire procedimenti per tutelare l’indipendenza dei singoli magistrati e di esprimere pareri sulle riforme previste in materia di giustizia. Con una evidente burocratizzazione spinta delle attività del Consiglio.
  • Abolire la norma della Costituzione che prevede che i magistrati si distinguono solo per funzioni.
  • Vietare ai pubblici ministeri di transitare alla funzione giudicante, ma allo stesso tempo consentire agli avvocati e ai professori di essere nominati a ogni livello della giurisdizione, senza selezione di alcun tipo.
  • Ridurre il principio di obbligatorietà, limitandolo ai casi e alle modalità previste dalla legge.

Lo hanno detto anche prima di me. È evidente che la finalità esplicitata è quella di garantire la terzietà del giudice. Ma in realtà le proposte di riforma mirano ad ampliare enormemente l’ambito di influenza della politica sulla giurisdizione e a indebolire l’autonomia di indipendenza della magistratura, principio a tutela dei cittadini e non dei magistrati.

Hanno fatto bingo. Si sono ben veduti dal proporre di sottoporre il pubblico ministero all’esecutivo, ma con una serie di disposizioni sono arrivati alla stessa conseguenza. Questa è una tecnica che noi conosciamo quando lavoriamo negli uffici giudiziari, perché generalmente l’avvocato tende a isolare gli elementi e a diminuirne la portata. Peccato che però i giudici fanno il contrario: cioè mettono insieme gli elementi e dagli elementi il quadro che ne esce è di un’evidenza che non può non essere considerata.

E allora chiediamoci: una magistratura separata, condizionata dalla politica in modo determinante, anche in seno all’organo di governo autonomo, per l’evidente sbilanciamento nel rapporto tra componente togata e componente laica, deprivata del baluardo dell’obbligatorietà dell’azione penale, avrà la forza di tutelare i diritti dei cittadini anche più deboli, quelli che vedono i propri interessi contrapposti agli interessi di centri di potere? Sarà possibile ancora indagare a 360 gradi sulle corruzioni, su tutti i reati che riguardano la pubblica amministrazione?

Il consigliere Felice Giuffrè faceva prima riferimento al pericolo che l’azione giudiziaria si sostanzi in un controllo sulla politica: ma nessuno vuole negare che debba essere tenuta distinta la responsabilità politica dalla responsabilità penale. È chiaro che il politico sarà sottoposto al giudizio dell’elettorato per tutte quelle condotte che non assumano rilevanza penale, ma il principio fondamentale della nostra Costituzione è il principio di uguaglianza di fronte alla legge, principio al quale nessuno può ritenersi sottratto.

Quindi, un sistema nel quale la componente laica ha in seno all’organo di governo autonomo un potere dominante è chiaro che potrà produrre la figura di un giudice spaventato, preoccupato per le conseguenze della sua quotidiana azione giudiziari e, quindi, suscettibile di subire condizionamenti. Si badi bene, lo sbilanciamento all’interno del CSM tra componente togata e componente laica, che risulta evidente in un sistema come quello disegnato in cui il numero dei componenti è pari, si può verificare anche oggi.  Per evitare che ciò avvenga, attualmente il pallino è in mano ai consiglieri togati. Cioè i consiglieri togati devono avere ben chiaro che il governo dei magistrati spetta alla magistratura e che la presenza dei laici all’interno del Consiglio ha la funzione fondamentale di garantire una osmosi fra la società civile e l’organo di governo autonomo per evitare derive autoreferenziali. E quindi bisogna stare molto attenti quando si siede in Consiglio superiore. Questi principi devono essere ben chiari anche adesso.

Il pregiudizio che deriva da queste riforme è di tal fatta, per cui la lesione, come dicevo poc’anzi, non è per le prerogative della magistratura, ma per i diritti dei cittadini. Quindi, sì, i diritti sono sotto attacco. E la giurisdizione è sotto attacco anche adesso?

Allora anche qui noi dobbiamo usare gli stessi criteri che applichiamo quando decidiamo i processi, ossia mettere insieme gli elementi. Possiamo avere due forme di attacco: un attacco diretto ai principi, alla sostanza dell’assetto costituzionale e per quello occorre una riforma costituzionale. Ma possiamo avere un intervento legislativo articolato con norme di rango primario, quindi non costituzionale. Che però messe a sistema, intaccano l’assetto costituzionale e creano una situazione di condizionamento esterno della magistratura.

È iniziato tutto con la gerarchizzazione delle procure e con l’interesse spasmodico della politica in merito alle nomine dei procuratori capo.

L’innalzamento vorticoso della richiesta di produttività, rispetto alla quale una responsabilità è anche della magistratura, perché la magistratura ha avallato questa deriva efficientista.

L’introduzione di nuovi illeciti disciplinari per la violazione delle direttive. Quali direttive? con quale contenuto? ancora non lo abbiamo compreso!

La possibilità di avere valutazioni negative di professionalità se non si concorre allo smaltimento dei fascicoli, quasi come se i fascicoli fossero rifiuti solidi urbani.

Tutte queste riforme concorrono senza dubbio a porre sotto attacco la giurisdizione e a disegnare una figura di giudice “burocrate”, bel lontano dal disegno costituzionale.

Fatte queste premesse, cercherò ora di dare un senso alla mia presenza qui, oggi, al vostro Congresso!

Ed il senso per me è di ribadire una prospettiva che veda la magistratura compatta, difronte alle proposte di riforma.

Ecco, l’unità della magistratura è un mantra del mio gruppo, Unità per l Costituzione. È un concetto che ripetiamo continuamente, rischiando di essere noiosi – sarà che la parola “Unità” ce l’abbiamo nel nome del gruppo! –.  Questa prospettiva deve vedere la magistratura compatta a tutela dei diritti dei cittadini. E lo ripeterò anche ad Angelo Piraino, che purtroppo dopo l’intervento si è dovuto allontanare.

Questo momento storico ci chiama ad un patto di lealtà, che deve passare attraverso la osservanza di alcuni punti fermi.

Innanzitutto, la tenuta di un profilo sempre istituzionale. La rissa non fa bene alla magistratura. Se cadiamo nella rissa, siamo noi sconfitti. Fermi, fermissimi sulle posizioni, ma mai cadere nella provocazione e nella rissa.

Poi, l’abbandono degli interessi particolari in una prospettiva di mero consenso elettorale.

Infine, il ripudio di facili e allettanti alleanze, che potrebbero essere vantaggiose nel breve periodo, ma pericolose per l’affermazione dei principi che ci vedono tutti accomunati. Avere a cuore solo esclusivamente l’interesse generale.

Molti fra voi sono miei amici. Dunque, io parlo agli amici prima ancora che ai colleghi. Oggi, ciò che è in gioco è molto di più delle prossime elezioni all’ANM o al CSM. Gli appuntamenti elettorali sono importanti, ma scompaiono di fronte alle prospettive che si prefigurano.

Oggi si discute di ciò che sarà la magistratura e la democrazia di questo Paese. Le forze veramente indipendenti della magistratura che hanno a cuore la Costituzione devono trovare unità di intenti, capacità di guardare avanti, mettere da parte le divisioni, non guardare all’ombelico e a visioni di breve periodo. Perché altrimenti l’effetto sarà che saremo trascinati tutti, insieme alla nostra miopia.

Siamo custodi della tutela dei diritti e abbiamo il compito di passare il testimone a chi verrà

Un’ultima notazione, brevissima, che mi ha suggerito la presenza di molti politici a questo Congresso.  Una politica buona, una politica avveduta deve avere paura di una riforma di questo genere. Nel nostro Paese abbiamo una fortissima fetta di elettorato volatile, in grado di innalzare alle stelle una compagine politica per poi disintegrarla dopo pochi anni nel segreto delle urne. In una situazione del genere, sarebbe davvero poco saggio assoggettare la struttura della magistratura e la giurisdizione ad altalenanti maggioranze di governo. Si rischierebbe di buttare alle ortiche l’impianto che i nostri padri costituenti hanno costruito sulle macerie del fascismo e sul sacrificio della vita di tanti.

Spero davvero che in questa prospettiva ci troveremo fianco a fianco, con lealtà, per il bene del Paese.

Trascrizione a cura della redazione,
rivista dalla relatrice

Gli altri interventi

Saluti

Relazione introduttiva

Tavola rotonda:
I diritti sotto attacco

Dibattito congressuale